Lavori, per tutti ma non per chiunque

Qualche giorno fa è morto Steve Jobs, il fondatore di aziende come Apple e NeXT e amministratore delegato di Pixar (in origine costola di LucasFilm di George Lucas). E improvvisamente la massa viene acculturata su questo personaggio, altrimenti relegato alle solite pagine di riviste e giornali dedicate alla tecnologia. Onestamente me ne stupisco qui in Italia, dove alla tecnologia o al mondo dei nuovi media non solo viene dedicato poco spazio, ma quando se ne parla ne vengono spesso citati solo i misfatti. Perché questa volta invece si decantano le lodi per questo uomo? Sicuramente perché ha influenzato la società, su questo non ci sono dubbi: quante volte ci si è imbattuti nella scena seguente?

- Ho comprato un lettore MP3 della <marca_qualsiasi_ma_non_apple>. - Ah, hai preso un iPod.

Le trovate della Apple - il Macintosh (probabilmente la declinazione di Personal Computer più vicina a quella che conosciamo oggi) e i vari iQualcosa - hanno veramente dato una svolta ad una società che vedeva la tecnologia come qualcosa dedicato solamente ai professionisti e ai nerd, rendendo le cose maledettamente facili e belle. In breve la parola magica è immediatezza: sia nelle forme dei suoi device (immediatamente belle e accattivanti), sia dei suoi sistemi operativi (Macintosh e Mac OS X prima e iOS poi), sia nella comunicazione (immediatamente comprensibile anche ai novizi, ed anche ironici nella serie Mac vs PC).

Ma per quanto riguarda il sottoscritto, la genialità di Steve Jobs finisce qui. Per me non è stato un guru, un "Leonardo Da Vinci" contemporaneo come hanno scritto in tantissimi, e il gioco delle tre mele (quella di Eva, quella di Newton e quella di Jobs) e quant'altro. Faccio mio lo slogan dei primi iMac: think different. Sì, perché io penso proprio in maniera differente. Io penso che sia stato un grandissimo innovatore del mercato tecnologico, con uno spiccato senso del marketing e che indubbiamente ha fatto un lavoro migliore - alla lunga - di Bill Gates e della Microsoft: tecnicamente non ci voleva gran ché, ma per quanto riguarda tutto il resto del lavoro in termini di marketing, appeal, pubblicità e quant'altro sta alla base della buona riuscita di un prodotto commerciale, sotto la sua direzione la Apple ha fatto un lavoro titanico. Questo gli va onestamente riconosciuto.

Ma quando si dice che ha cambiato il nostro mondo e tutte le altre menate che la televisione ci sta buttando addosso, mi sento urticare dietro la schiena. Soprattutto quando a condurre queste trasmissioni sono personaggi - giornalisti del servizio pubblico su cui non metto in dubbio la professionalità, ma che quando parlano di tecnologia è meglio che lascino parlare qualcun altro - che dicono che "grazie a lui abbiamo un modo di comunicare con il mondo e con ognuno di noi che altrimenti non ci sarebbe stato" e che "senza Steve Jobs non avremmo il mouse"1, oppure che "Amazon dovrebbe ringraziare Steve Jobs, perché senza gli strumenti usciti dal suo genio creativo non esisterebbe" o ancora che grazie a lui abbiamo il cambiamento sociale che ha portato alla primavera araba2, penso che siamo veramente al frullatore della conoscenza, dove possiamo dire tutto e il contrario di tutto. Se a scuola mi chiedessero "Chi ha inventato l'automobile?" e io gli rispondessi "Henry Ford" non penso che prenderei un bel voto... Tutte le eccezionali cose decantate sopra infatti si devono a ricercatori universitari, a liberi imprenditori e all'intera umanità - noi stessi - della Rete, che può esistere grazie a persone che hanno lasciato libero e collaborativo lo sviluppo di essa, non di certo a Jobs.

E ancora - come soleva dire spesso Jobs nei suoi quasi messianici Keynote - there's one more thing, c'è un'altra cosa. Ma per questa lascio la parola a Richard M. Stallman, il VERO filosofo dell'informatica, riportando quanto ha scritto sul suo sito web:

Steve Jobs, the pioneer of the computer as a jail made cool, designed to sever fools from their freedom, has died. As Chicago Mayor Harold Washington said of the corrupt former Mayor Daley, "I'm not glad he's dead, but I'm glad he's gone." Nobody deserves to have to die - not Jobs, not Mr. Bill, not even people guilty of bigger evils than theirs. But we all deserve the end of Jobs' malign influence on people's computing. Unfortunately, that influence continues despite his absence. We can only hope his successors, as they attempt to carry on his legacy, will be less effective. Verbatim copying and redistribution of this entire page are permitted provided this notice is preserved. Steve Jobs, il pioniere del computer come una prigione dorata, progettata per separare gli sciocchi dalla loro libertà, è morto. Come disse il sindaco di Chicago Harold Washington dell'ex sindaco corrotto Daley, "Non sono contento che sia morto, ma sono contento che se ne sia andato." Nessuno merita di dover morire - né Jobs, né Mr. Bill, neanche le persone colpevoli di mali peggiori di loro. Ma noi tutti meritiamo la fine dell'influenza maligna di Jobs nell'informatica di massa. Sfortunatamente, quest'influenza continua nonostante la sua assenza. Possiamo solo sperare che i suoi successori, nel tentativo di portare avanti la sua eredità, siano meno efficaci. La copia letterale e la ridistribuzione di questa intera pagina sono consentiti a condizione che questa nota sia riprodotta.

Si può essere d'accordo che il padre del Software Libero, il fondatore della Free Software Foundation, abbia palesemente esagerato. Ma mica poi più di tanto. Per il sottoscritto, che cerca di vedere - per quanto possibile - l'eticità delle cose, è alquanto giusto ricordare quanto sia poco libero il mondo Apple. Perché quello che Jobs è riuscito a creare è un ecosistema tecnologico: un mondo tutto fatto di mela, dal computer iMac e Macbook, all'iPod, all'Apple TV, all'iPhone, all'iPad fino all'iCloud. In questo è stato sicuramente il maestro, battendo Microsoft (scoperta sul lato mobile) e Google (scoperta sul lato hardware). Un ecosistema tuttavia chiuso, chiusissimo, fortemente dipendente da quanto viene venduto nel suo App Store, o meglio da quanto un'applicazione rispetti le regole di Apple per poter entrare nel suo negozio. Un esempio forse eclatante è il caso di Phone Story, la app che è stata rimossa perché "rappresentava violenza e abuso di bambini" e "mostrava contenuti crudi"; peccato che quel gioco mostrasse i lati oscuri della produzione degli stessi iPhone e di altri smartphone, "dagli orrori legati all'estrazione delle materie prime in Africa" (il Coltan in Congo, ad esempio) "alle condizioni di lavoro degli operai delle fabbriche di assemblaggio in Cina", fino all'e-waste in Pakistan (fonte). Mi viene sempre di più da dire che il mondo Apple è "solo fumo agli occhi", e oltre la nebbia cosa rimane? Rimane una società imbrigliata ad un mondo chiuso dalle app, dove "c'è tutto quello che ti serve", secondo la Apple ovviamente. Perché ad esempio un utilissimo programma libero come VLC media player è stato gentilmente rimosso, mettendo in luce tutta la differenza fra l'EULA dell'App Store e la GNU GPL (fonte). Questioni di licenze d'uso, per qualcuno finezze, ma se una licenza libera (come la GNU GPL) non può entrare nell'App Store, allora il mondo Apple non si può dire aperto. E allora non è tanto differente dal così nemico emisfero Microsoft, che continua a proporre un mondo dove il codice sorgente è chiuso, e dove quindi non sappiamo come sono fatti e soprattutto cosa esattamente fanno i sistemi operativi: è stato per caso che qualcuno ha scoperto che gli iPhone inviavano di continuo ad Apple la loro posizione geografica, insomma che ci stavano monitorando (alla faccia dello spot della Apple per il Macintosh, dove abbattevano il mondo orwelliano di 1984). Possiamo dire che era una svista, ma se tutto il software fosse libero questa svista sarebbe stata corretta in pochissimo tempo da chiunque, mentre Apple lo ha fatto solo quando ha ritenuto il momento di farlo.

Questo è il mondo che mi rifiuto di vivere, per questo per me Steve Jobs non è stato un guru, semplicemente è stato un grande imprenditore e innovatore. Ma forse è per questo che ce lo propongono come esempio di vita: il classico self made man. La classica visione individualista.

Alla faccia della generazione social...

Note

1. Nelle fasi iniziali di "Jobs, l'uomo che sussurrava al futuro" della puntata speciale di Agorà di giovedì 06/10/2011 (richiede Silverlight, o Moonlight su sistemi GNU/Linux). Torna su 2. Nel servizio "Tributo a Steve Jobs" della puntata di Unomattina di venerdì 07/10/2011 (richiede Silverlight, o Moonlight su sistemi GNU/Linux). Da notare che la musica utilizzata nel servizio di Giovanna Botteri è "Solar Sailer" dei Daft Punk, tratto dalla SoundTrack di TRON:Legacy 🙂 Torna su

Update: sono riuscito a trovare questa fonte, in cui verrebbe spiegato il perché del paragone fra Steve Jobs e Richard J. Daley che Stallman presenta. Secondo l'articolo, Daley era un politico mai direttamente  condannato, ma che tuttavia guidava un establishment di amministratori corrotti dal crimine organizzato. È doveroso sottolinearlo per comprendere il parallelo effettuato da Stallman tra Daley e Jobs. È difficile dissentire, se si considera Jobs il simbolo di Apple negli ultimi vent’anni. In sostanza penso che più che con Jobs, Stallman ce l'abbia con Apple, ma siccome la Apple è incarnata dalla figura di Jobs...

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